Sono passati poco più di 7 anni dall’uscita della
serie televisiva ”Sorriso d’argento”. Una serie che narrava di un’adolescente
che si vergognava di portare l’apparecchio e poi lo scopre dotato di poteri
magici, con i quali addirittura aiutare i compagni in difficoltà. Con queste
premesse, ”Sorriso d’argento” rappresentava per la Disney l’occasione per
rinnovare il modello della favola etica.
Sharon, ribattezzata ”Sorriso d’argento” dalla perfidia
dei propri compagni di scuola, era una ragazzina come molte di quelle che
affollano l’uscita della scuola: jeans e scarpe da ginnastica, zainetto e
sghignazzate e tutto quello che serviva a farne un modello sul quale
identificarsi.
La serie ideata da Melissa Clark e prodotta da Alicia
Silverstone (anche voce di Sharon in lingua originale), aveva fortemente
attinto ai cliché delle soap per teen-ager, condite di invidie feroci tra
amiche-rivali e diatribe insanabili tra belli e brutti, sicuri e insicuri, con addirittura
tanto di ragazzina acida che disprezzava l’amichetta cinese per i suoi occhi a
mandorla.
I protagonisti di ”Sorriso d’Argento” piangevano
lacrime che sembravano vere, arrossivano come i loro coetanei in carne ed ossa,
e vestivano troppo alla moda come tutti gli adolescenti, equipaggiati già sette
anni fa di ogni sorta di cellulare e videogioco. Il ”Sorriso d’argento” vive
anche oggi e vivrà sempre per coloro che dovranno mettere l’apparecchio.
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